La cannabis è la sostanza d’abuso più usata al mondo, diffusissima soprattutto fra i giovani e soprattutto nella fascia 15-24 anni.
Viene definita “droga leggera” e spesso le si attribuisce innocuità per il fatto che non provochi morte per overdose, ma dà comunque degli effetti che a lungo termine impattano la salute.
Le conseguenze più frequenti, e tanto più frequenti quanto è giovane l’età di inizio, sono:
• deficit cognitivi
• depressione
• psicosi
• aggressività
• impulsività
• disturbi del sonno
Il cervello dei più giovani è un bersaglio particolarmente vulnerabile dalla cannabis in quanto agisce sul sistema degli endocannabinoidi, che hanno un ruolo essenziale nei processi di maturazione dei circuiti cerebrali e di rimodernamento tipici dell’adolescenza, alterandone lo sviluppo talvolta in modo irreversibile.
La plasticità neurale dipende dalla possibilità che l’RNA non codificante possa effettuare il suo lungo viaggio da nucleo a sinapsi. Se in alcuni soggetti la plasticità è in grado di sopperire ai danni, in altri soggetti geneticamente più fragili o resi fragili da condizioni ambientali, la capacità di “auto-riparazione” cerebrale può non bastare a garantire uno sviluppo cognitivo corretto.
Gli studi più recenti effettuati sul tetraidrocannabinolo (THC) hanno dimostrato come l’aspetto più importante sia l’età di inizio dell’assunzione.
Proprio in relazione a questo fattore rilevantissimo, il danno è ancora maggiore se l’assunzione avviene da parte di una madre in gravidanza. I cannabinoidi attraversano la placenta passando nel latte materno: l’esposizione in gravidanza e nei primi mesi è molto dannosa perché altera i circuiti cerebrali del bambino e il suo comportamento, con un impatto negativo a lungo termine sullo sviluppo cognitivo.
Valentina Carlile - Osteopata esperta in Osteopatia applicata a disturbi di Voce e Linguaggio dal 2002. Per informazioni e prenotazioni visita la pagina Contatti
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